Nato nel 1942 a Castrignano de’ Greci (Le), si trasferisce all’età di 15 anni a Galatina (Le), dove espone per la prima volta nel ‘59. Nel ’60 si diploma presso l’Istituto Statale d’ Arte di Lecce in Decorazione pittorica. Consegue poi varie abilitazioni e insegna per 34 anni Educazione Artistica in alcune scuole medie della provincia di Lecce. Contemporaneamente si dedica all’attività artistica e partecipa a numerose mostre collettive e personali in varie città italiane e straniere, tra cui Lecce, Milano, Torino, Roma, Ancona, Bari, Reggio Emilia, Parma, Lugano, Genova, Novara. Privilegia la pittura, ma nel corso degli anni, si è interessato anche di grafica, fotografia, architettura, scultura, beni culturali e didattica.

Antonio-Stanca-Note-Critiche

   La critica
Recensioni

Si sono occupati della sua ricerca artistica:
Antonio Abate, Vittorio Balsebre, Vittoria Bellomo, Paolo Benegiamo, Ennio Bonea, Michele Bovino, M. Rita Bozzetti, Gerardo Caprioli, Toti Carpentieri, Alberto Carratù, Stefania Carrozzini, Augusto Cavalera, Nicola Cesari, Giuliana Coppola, Mauro De Giosa, Carmen De Stasio, Eugenio Giustizieri, Valerio Grimaldi, Antonio Mele / Melanton, Maurizio Nocera, Giuliana Pellegrino, Gianni Perchiazzi, Stefano Pistochini, Luigi Sergi, Salvatore Spedicato, Davide Stasi.

Sulla sua attività sono apparsi articoli su vari quotidiani e, in particolare, su riviste e periodici d’arte, tra cui:
D’Ars, Corriere dell’Arte, Art-Leader, Flash Art, Senza Titolo, Without Title, Boè, Catalogo Mondatori dell’Arte Moderna (N. 41-2006), Avanguardie Artistiche 2007 (C.D.A. –Palermo), Grandi Maestri 2008 (C.D.A.- Palermo), Boè – Top Selection 2009 ( C.D.A. – Palermo), “Verità e poesia della forma” (Catalogo del Museum Vito Mele di S.Maria diLeuca (Le)- 2009).


Note Critiche

…il fare arte di Antonio Stanca traspira un suo dinamismo biologico combinato ad un diario di viaggio all’insegna di una forte pulsione emotiva filtrata dalla presenza della ragione. Un possibile itinerario cosmico, delle origini e dalle origini, che si dipana tra il vetrino istologico e il vuotopieno degli ammassi gassosi dell’universo. In sintesi: una bivalenza creativa tra lo scienziato, ricercatore dell’emozione nell’infinitamente piccolo di un vetrino al microscopio e il viaggiatore planetario in un universo di ordini temporali profondi e sconosciuti…Le lievitazioni, le indefinibilità del nulla e del tutto di Antonio Stanca hanno qualcosa di ancestrale, esorcizzano le immagini del sogno, della memoria, di un buio che si fa luce e colore improvviso, di una voglia di infinito. E’ così che il subconscio perde la sua soggettività per divenire collettivo ed inevitabile portatore di contagio ritornando -con un percorso rovesciato, nelle proiezioni, nei labirinti del tempo e dello spazio- a riappropriarsi del suo DNA. L’accattivante, fascinoso succedersi del colore di Stanca è anch’esso sintomatico della storia infinita che l’artista riversa in ogni opera. C’è un ventaglio, un succedersi di vibratile vitalismo alternato tra sussulti cromatici pervasi di mistero e delicate successioni di languori coloristici che sembrano voler tendere, perdersi e snervarsi in sinfonia tonale. E’ una pittura che ritrova immediatezze e metalinguaggi che le consentono di risvegliare la vita dalla massa informe, e, con la vita, nuclei germinali ed orizzonti siderali, il gelo dell’infinito ed il fuoco delle origini. E’ una pittura, comunque, assolutamente non catalogabile come astratta od informale affidandosi al significato letterale e comunemente praticato delle due aggettivazioni nelle definizioni o catalogazione dell’arte contemporanea. Con Stanca siamo, infatti, al centro della terra e dell’uomo. Risalendo verso emisferi di luce, sfondiamo corti di nubi verso galassie dell’universo per poi ricadere negli organismi primari e chiudere così il ciclo. E’ uno splendido immaginario, una astrazione cosmica e non naturalistica, una spazialità minuziosamente descritta che improvvisamente cede al sopraggiungere di un vuoto pneumatico, ad una assenza di aria e di forza di gravità. Si ferma un tempo indubbiamente passato per un tempo “altro”, la vita riprende da dove aveva cominciato… Queste sono le cifre che fanno di Antonio un pittore a tutto tondo. Il suo è un fare arte dove il mero progetto pittorico travalica l’aspetto formale per andare alla ricerca di relazioni pericolose nell’io e nella sua estensione, dove il significante diventa significato, dove la metafora si fa assunto filosofico sottopelle, senza invadenza: un tracciato, forse, subliminale nell’estrema ed obbligata relatività del tempo e dello spazio.
                                                                     Valerio Grimaldi

…Antonio Stanca si occupa dell’indefinito, del “tutto” e del “nulla”, del caos -come egli stesso sottolinea- con queste forme di ammassi gassosi, impalpabili ed evanescenti, labirinti e cunicoli senza fine, grovigli di vortici…Certo si tratta di mondi immaginari che forse stanno da qualche parte celati nell’universo, ma che certamente sono presenti nel nostro microuniverso. C’è la filosofia alla base di tutto questo, ma c’è anche un’estrema visualizzazione dei colori delle emozioni, quanto di più complesso esiste dentro ciascuno, e viene fuori quando ci si trova in particolari stati di alterazione. Quel punto intermedio fra la veglia e il sonno a volte è caratterizzata da quella sensazione di precipitare in un buio squarciato da colori imprevedibili, la febbre che ci fascia di languori coloristici che non riusciamo a tradurre con le parole e poi immagini del caos primordiale e dell’apocalisse finale. Grandi paure che sono dentro ciascuno e che riguardano il destino dell’umanità, ma si riflettono anche nei due punti focali della nostra breve esistenza -la nascita e la morte- con tutto quell’aggrumarsi ed evolversi della materia, quel palpitare di infinitesimali particelle che si cercano per “iniziare” e si disgregano per “terminare”. Momenti essenziali e suggestivi in cui coesistono tutte le possibilità, le meraviglie e i terrori. Ora se ci poniamo con uno spirito sgombro e sostiamo qualche minuto in meditazione davanti a queste opere, tanto da lasciarci prendere dalla loro forza trascendente, troveremo in esse la visualizzazione del caldo incandescente dei primordi del pianeta, il freddo siderale, gli abissi paurosi e le misteriose vegetazioni terrestri e marine di cui ci ha saputo narrare un genio della letteratura come Lovecraft, quando affrontava un argomento suggestivo come quello delle stratificazioni della materia, dei mondi perduti, sepolti, inghiottiti, macerati o in via di formazione…L’uomo ha occhi per vedere, mente per pensare, ma molte volte spreca banalmente le sue meravigliose potenzialità lasciandosi catturare solo dal palpabile, da quello che viene definito il concreto, e inseguendo la prosaicità perde inevitabilmente la poesia dell’infinito. Antonio Stanca ci riporta col suo lavoro a questa dimensione con la sua abilità tecnica, con la sua sensibilità, col suo impegno.
                                                                     Vittoria Bellomo

…Coniuga saggiamente l’immateriale ottico ad una modalità materica stratificata con spontaneità e immediatezza di esecuzione; l’assoluta libertà espressiva, elegante e ricercata, conferisce alle sue opere una vibratilità fortemente coinvolgente, capace di catturare l’attenzione e di creare pulsioni e sentimenti, talora angoscianti talora rassicuranti, anche nello spettatore più distratto...Artista che non si dà confini, Antonio, si cimenta in spazi illimitati con una percezione temporale affatto relativa; poeta del colore, in una tavolozza estremamente ricca di tonalità e sfumature, e padrone della tecnica, conferisce ai suoi lavori, in esecuzioni minuziose e puntigliose, contenuti pittorici originali e innovativi.
                                                                  Gianni Perchiazzi

Ricerca come conoscenza, conoscenza, appropriazione del mistero. Alla ricerca-conoscenza del mistero della “luce”. Così, mi par di capire, possa inquadrarsi l’ultima produzione pittorica di Antonio Stanca…E’ il miracolo della vita, che si ripete puntuale da millenni. E il Nostro ripete anche lui, con assidua e caparbia puntualità, questo processo sulla superficie del quadro con certosina pazienza da ricercatore, ingrandendo per milioni di volte questa immagine della nascita della luce, con grande perizia tecnica per la delizia dei nostri occhi. Quasi un iperrealismo di qualcosa di così infinitamente piccolo, viene dilatato al massimo, quasi a voler uscire dalla superficie ed espandersi nell’atmosfera, ed inglobare noi e i nostri sensi, sino a perdersi in questi mondi gassosi, ai primordi della vita, per farci riflettere inconsapevolmente sull’intima radice della nostra esistenza. Si ritorna così al punto di partenza dell’assioma di Antonio Stanca: la ricerca della nascita della luce, come ricerca della nascita della Vita, dell’assoluto…Un mondo reale e nello stesso tempo astratto, irreale, dandoci così queste meravigliose immagini piene di colori-luce-vita, creando per noi nuove atmosfere di un paesaggio dell’anima, con inquadrature e tagli classicheggianti, che sfociano in un lussureggiante barocco…
                                                                     Gerardo Caprioli

Il marchio inconfondibile nella recente produzione artistica di Antonio Stanca è da individuare nel colore, nella identificazione dello stesso con la luce, nel tentativo di esprimere la sostanza interiore: un’adesione ai valori luministici sempre presenti nella sua arte, dalle prime esperienze sino a queste ultime. Per Stanca, quindi, la pittura è celebrazione del colore-luce, che invade le superfici nella ricerca di una sostanza evanescente, quasi una patina sottile e impermeabile capace di proteggere e tramandare nel tempo il pensiero creativo… Sono opere in cui si scarica una sorta di energia accumulata negli anni, conservata e alimentata attraverso un lungo processo di alchemica mediazione culturale-operativa…Emerge dalle “nebulose” pittoriche del Nostro, uno spiritualismo ancestrale, che stimola lo spettatore -solo un attimo prima disincantato fruitore di immagini- alla consapevolezza e alla rivendicazione del patrimonio figurativo interiore…
                                                                       Nicola Cesari

Ars, artis, f.,1) arte, maniera di agire (L. Castiglioni – S. Mariotti, Vocabolario della lingua latina, Loescher, Torino 1966)

Al centro dell’ispirazione di Antonio Stanca è un’idea di arte intesa, etimologicamente, come creatività artigianale e come fare. L’idea di un’arte concepita come conoscenza (ché tale sempre l’arte vera è) la quale non solo si traduce in gesto, ma anche procede, cioè conosce attraverso l’agire. In tal modo egli si muove in quella linea della cultura occidentale, irrinunciabile quanto talvolta sottovalutata, che partendo (almeno) dal “verum ipsum factum”, da “l’uomo conosce ciò che fa” di Giovan Battista Vico, arriva fino a Dewey e Freinet. Antonio Stanca è stato un educatore, cultore di una creatività didattica e conoscitiva vissuta con profonda, inquieta consapevolezza. Ha interpretato in persona propria il ruolo dell’artista che, rinunciato alla pretesa di un monopolio della vis poetica, cerca di proporsi attraverso la pratica artistica, e attraverso l’impegno propriamente scolastico, quale sollecitatore di una inventività presente in ognuno, che ognuno deve capire in quale direzione può meglio esplicare. Tutti gli uomini sono per Stanca, creativi in potenza: possono esserlo in atto. In ogni campo dell’umano agire, anche nel più umile, vi può essere qualità creativa, cioè arte. Arte, dunque, nel fare qualunque cosa. Arte, infine, nel e del vivere. Arte intesa come fare vuol dire, anche, arte del fare piuttosto che del fatto; del processo piuttosto che del risultato; dell’operare piuttosto che dell’opera, dell’opera “finita”. Vuol dire arte del suggerire (al “lettore”) piuttosto che del descrivere e -come ama dire l’autore stesso- del “mostrare”. Vuol dire arte della dubbiosa ricerca (e dell’invito alla ricerca) piuttosto che della certa conquista. Arte di una ricerca che trova anche(essendo, letteralmente, inventiva), ma non sente il bisogno di fare di ciò che viene trovando miti immobili e indiscutibili, posti fuori della storia e dell’uomo…
                                                                  Paolo Benegiamo

ESPLOSIONI DI MISTICA EUFORIA: “…schegge impazzite di silenzio sorvolano la terra del niente, vuoti di memoria riempiono sogni grondanti di desideri…immergersi, laddove il profondo si eleva all’infinito…”. IL TONFO DEI COLORI ASTRALI, una vertigine di sola audacia: “…non esistono in natura entità abbastanza piccole da essere invisibili, tuttavia esiste un invisibile talmente grande da chiamarsi universo…”
                                                                  Augusto Cavalera

…e lasciandoci travolgere dai vortici esplosi che Antonio Stanca costruisce, una volta scomposta –e quindi come ripristinata, successivamente- l’evocazione della superficie monocromatica a tipologia “oltre” degli anni Sessanta, quasi fossimo all’interno di una sorta di proiezione temporale verso il futuro.
                                                                     Toti Carpentieri

Davanti al suo caleidoscopio di colori transmatici non si può che rimanere stupiti, sbalorditi, stupefatti. Appunto è lo stupore del suo universo raffigurato sulla tela che sempre ti domina; ti fa entrare in trance. Quasi sempre si rischia di perdere l’orientamento nel passare da una visione di un’opera all’altra di questo geniale artista che, silenziosamente, quasi come un antico alchemico, sa dipingere il suo mondo interiore, fatto di astri in fuga, di stelle comete frantumate, di plasma cosmico in perenne fluttuazione. Il suo mondo interiore? Un oceano di eccessività, di astrazione, di emotività ancestrali. Non è umanamente possibile raggiungere l’immaginifica dimensione artistica di Antonio Stanca senza prima dover passare attraverso una serie infinita di tunnel labirintici misteriosi, senza farsi spogliare l’anima e, povera figura dell’inconscio collettivo di junghiana memoria, esporla agli occhi lussuriosi di chi vuole vedere. Perciò quale misterica iniziazione la sua? Quale magico prodigio? Quale fuoriuscita psichedelica dalla mente? Antonio Stanca, forse, non dipinge solo il suo mondo interiore, ma quello di ognuno di noi, forse dipinge il profondo vissuto dell’umanità, la sua origine misteriosa, quella luce e quel buio universale che nessuno di noi ha mai potuto vedere, oltrepassare. La sua arte mi appare come un lento silente operare in un’atipica bottega d’intimità, avvolta d’eterei colori dell’incanto celeste, di quell’enigmatico profondo del sé, che sa tanto di abissi oceanici, amniotici, di acque cunicolari, fratte, seme universale dell’utero della Magna Mater…Nella sua opera pittorica non è facile ottenere quelle profondità di terza dimensione, quei tunnel senza inizio e senza fine, quelle frantumazioni astrali, più altri frattali e altri quanti cosmici che come imbuto ti attraggono in un profondo senza fine oppure ti respingono in un aldilà che non sgomenta, senza sentire sulla pelle la difficoltà della vita, il mistero del nulla, l’infinità degli spazi…
                                                                     Maurizio Nocera

Composizioni astratte di Antonio Stanca
Lo / scavo / psichico / ora ti porta / ad esplorare / bui anfratti / dei segreti interiori // Pensieri / rimossi / tormenti / reconditi / vengono a galla / dalle ime profondità / dell’animo umano // Sulle tue spalle / si accumulano / tutti i mali / del mondo / e tu ne / rimarresti schiacciato / se non avessi in te / la forza della / creatività / che / sublima / il tutto in arte.
                                                                     Gianni Latronico

Ogni suo quadro è un momento dell’anima. Una proiezione dei sogni, dei bisogni, delle speranze e delle contraddizioni che investono la nostra civiltà contemporanea, percorsa da una profonda trasformazione epocale, e dal conseguente ricambio di millenari valori etici e sociali con nuovi orientamenti, non ancora del tutto definiti e tanto meno consolidati. A questo tormentato e convulso rinnovamento globale e individuale, Antonio Stanca vuole dare con la sua pittura una configurazione fisica e percepibile, che superi però l’apparenza esteriore trasponendosi da significante in significato, quindi in pensiero, tramite una sapiente commistione e suggestione di luci e ombre, di reale e irreale, di finito e infinito. Ma, Antonio va perfino oltre, tende ad esplorare il mistero cosmico, si avventura ardimentosamente e coscientemente nell’immenso…Di fronte ad un’opera di Stanca si direbbe che la superficie dipinta tracimi oltre la delimitazione del quadro, che la visione si allarghi e si espanda fino a comprendere e a coinvolgere l’osservatore stesso nella sua interezza materiale e spirituale. La sua pittura -raffinatamente colta, e per molti aspetti subliminale- ha infatti la capacità di destare un immediato stupore, spesso soggezione… Entità sognate e materializzate, dunque. Pensieri per così dire solidificati. Universi invisibili resi manifesti e concreti, in una commistione fisica, filosofica e filologica di ispirazioni e percezioni che sono, innanzitutto, sentimenti, energia, vita.
                                                   Antonio Mele / Melanton

Fùscene all’aria ad Antonio Stanca
Fùscene all’aria / fùscene allu jentu / petre mmiscate cu lla luce ‘mmanu / a ffiate se ‘ncaddàrene te ggiallu / a ffiate se pprasèntene sciucandu / comu palore zate intr’a ‘llu tiempu / comu li sonni ‘mpisi intr’a ‘llu spaziu / e bbane / versu la luna // Nui ne nde vanimu / te paru raccujendu maravije / te jaggi te teatri.
                            Giuseppe Greco (02.07.07 - h. 09,17)

La libertà, secondo Antonio Stanca
Sfugge al torchio del dubbio / dalle mani si disartiglia / negli occhi dissolve il corpo / al giorno sottrae luce e / della notte smarrisce il buio / nella terra respira aria e orizzonti / dentro il mare insegue fili di vento / le nuvole accatasta come muri di cielo / e le nebbie ingoia con pacifiche fiamme / i sogni svena delle irreali gravità / e il reale tesse di spazi in fuga / dal tempo in permanente rigurgito // Assorbe desideri e paure / con la sostanza spugnosa di una coscienza / tessuto e forma di pensiero in azione, / io disarticolato da sostegno, pesi e illusioni / proiezione sensibile di un infinito essere: / non ha nome questa libertà, / non ha reticolati di convenienza, / è espressione del Divenire Nostro Padre.
                                        Maria Rita Bozzetti (20.12.08)

…La sua curiosità di uomo e di artista, simile a quella del filosofo e dello scienziato, lo porta a snodare il suo racconto pittorico in sequenze di immagini sempre diverse sullo stesso tema come spinto da una necessità interiore nel voler trovare una risposta alle domande antiche che l’uomo si va ponendo sulla struttura della materia, sulle forze sconosciute che l’ hanno generata, sulla creazione della vita e in ultima analisi, sul suo destino. In questa costante ricerca di una irraggiungibile verità, il nostro artista affida le sue interpretazioni di una ipotetica officina cosmica alla rappresentazione di esplosioni che proiettano nello spazio miriadi di frammenti, di aggregazioni di gas interstellari, di masse incandescenti, di bagliori infuocati e polveri riportati sulle tele sotto forma di macchie che si dissolvono, di fulgori improvvisi, luminescenze, colori che fluiscono in immagini astratte. Forme strane si intravedono nel caos primordiale, forme appena abbozzate, ma plastiche nello stesso tempo, che nella penombra e nel silenzio sembrano protendersi come in attesa del momento di compiersi, di trasformarsi, di evolversi. Decisamente intrigante il suo proporre all’attenzione del fruitore d’arte il discorso sugli universi paralleli, realtà superiori collocate al di là del tempo e dello spazio e regno degli archetipi contenenti in forma simbolica tutto lo scibile umano.
                                                               Giuliana Pellegrino
Credits
Note Legali